Intervista a Krasic

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haim82
view post Posted on 27/11/2010, 14:20




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Kosovska Mitrovica, dove è nato, è divisa da un fiume: a nord vive la minoranza serba, a sud la maggioranza kosovara.Lei è mai passato da una sponda all'altra, Milos Krasic? «Quando ero piccolo ho avuto una bella vita e non si sentivano queste tensioni. Fino al 1999 non era una città divisa: dall'altra parte avevo amici, compagni di scuola. Attraversare il ponte era normale».

Adesso meno? «Agli amici di là telefono ancora, me ne sono rimasti due o tre. Ma quando torno a casa sto con la mia famiglia, il tempo è poco».

Adesso che è ricco, perché non la porta via di lì? «Per l´amore verso la città. Sarei rimasto anch'io, se non avessi fatto il calciatore. Penso che sia una cosa normale. Penso che sia una cosa giusta».

Anche se è una città dimezzata? «So che c´è molto odio e capisco che i serbi ritengano il Kosovo parte della loro patria. Non vogliono sentirsi stranieri nella propria terra: si batteranno per rimanere lì».

A quattordici anni lei è emigrato a Novi Sad, dove vide la guerra. A diciannove era già a Mosca: che fine ha fatto la sua infanzia? «Sono cresciuto molto in fretta. Avrei preferito un´infanzia diversa, vicina ai miei genitori. M è stato il mio lavoro a portarmi via».

Cosa provava un quattordicenne sotto le bombe? «La prima che cadde, a Novi Sad, distrusse il ponte della Libertà, ho un ricordo nitido. Vedevamo dalla terrazza la gente che scappava, con me c´era Jovanovic, quello che adesso gioca nel Liverpool: è stato il mio fratello maggiore».

Perché eravate sul terrazzo e non nei sotterranei? «Non lo so. Paura, incoscienza, curiosità, impotenza. Più che altro, non potevo credere a quello che stavo vedendo, e non credevo che sarebbe mai successo: forse volevo rendermi conto che stesse succedendo davvero. Jovanovic mi ha poi convinto a tornare dentro. Ma avevo più paura per gli altri che non per me».

A Genova gli ultrà serbi hanno bruciato la bandiera del Kosovo: la vostra guerra non è ancora finita? «Noi eravamo lì solo per giocare, questo odio non mi coinvolge. Mi è dispiaciuto moltissimo, spero solo che non succeda mai più. I Balcani stanno cambiando».

È finito il tempo dell'odio, dice? «È passato molto tempo da quello che è successo. La gente sta ricominciando a parlarsi anche se viene da posti diversi, gli Stati iniziano a cooperare. Tornare come prima è difficile, non so se sarà mai possibile, è vero. Ma lo sport aiuta: domenica scorsa, dopo il gol, sono corso da Salihamidzic per abbracciarlo: lui è bosniaco, ma siamo legatissimi. L´etica sportiva mi ha insegnato a non guardare con occhi diversi un uomo di un´altra nazione».

È vero che di recente si è iscritto all'università? «Sì, a Novi Sad, facoltà di management. Bisogna pensare al futuro, mi piacerebbe rimanere nello sport ma come dirigente. Ho tanti amici che studiano, perché non anch'io? Papà è elettricista, mamma maestra d'asilo. Sarebbe riduttivo fare solo il calciatore».

Un Krasic che parla anche di altri argomenti, dalla partita Italia-Serbia, fino ad arrivare al campionato e al suo ambientamento in Italia e alle recenti polemiche per la sua simulazione.Probabilmente Krasic non ha ancora chiaro..il sentimento antijuventino presente in Italia...

L´Italia l´ha accolta come si conviene a un campione, ma a Genova la fischiavano ogni volta che cadeva: teme di essere marchiato come simulatore? «Sono un professionista e mi occupo di quello che mi succede in campo, non dei fischi. L´episodio di Bologna non avrà influenza sul mio futuro, spero di no. C´è stato un grande polverone, non ho neanche capito bene quello che è successo. Sono cose che capitano in ogni partita, non so perché ci sia stata tutta questa propaganda».

Alla Juve però la adorano, e secondo Melo lei vale Ibrahimovic: esagerato?«Sono lusingato, ma non penso che sia così. Quello che sto facendo è una sorpresa anche per me, non mi sarei mai aspettato un inizio così. Le grandi aspettative sono state una molla, cerco in ogni singola partita di non deludere chi mi ha portato qui».

E dell´Italia, cosa l´ha sorpresa? «Il calore delle persone. La prima impressione è stata bellissima e anche la città è fenomenale. Vivo in centro, ogni giorno cerco di fare una passeggiata lunga per fare una scoperta in più».

Molti calciatori serbi hanno talento puro, lei è qualcosa di diverso? «Io, in dono, ho ricevuto la velocità».

Geniali e sregolati: è una definizione giusta, per i calciatori slavi? «È un dato di fatto. C´è della pazzia in noi».

Anche in lei? «Se lo sono tutti, posso non essere pazzo io?».

La Repubblica
 
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